La biodiversità del Parco del Taburno Camposauro. Vegetazione, flora e fauna selvatica
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Sul portale dell’Ente Parco Taburno Camposauro, dentro il quale c’è anche e a buon diritto Solopaca, un patrimonio naturale immenso è stato messo in bella mostra Raccontandone i particolari. La vegetazione, la flora e la fauna selvatica raccontati come pochi. ve ne offriamo integralmente il testo per ri/sottolineare il valore di un patrimonio che va sempre tutelato.
Vegetazione e Flora
Animali, piante ed ecosistemi sono sempre più condizionati dai processi di cambiamento climatico e dall’influenza dell’uomo. Gestire e conservare al meglio le risorse naturali e ambientali affidate alle cure dell’Ente, significa impegnarsi a proteggere l’area del Parco da questi impatti e curare il patrimonio naturalistico e ambientale dell’area protetta.
Migliorare la conoscenza della biodiversità e del territorio e monitorare le singole specie sono attività fondamentali per comprendere i fenomeni in atto e disegnare gli scenari futuri di conservazione, che si estendono oltre il territorio del Parco sull’intero arco sannita.
Riconoscere la biodiversità non deve essere solo per naturalisti e biologi specializzati, ma vorremo che sempre più persone godano della bellezza della natura e del piacere della scoperta.
Pertanto, mantenere in salute ed equilibrio la biodiversità del territorio del Parco del Taburno Camposauro, risulta un compito complesso che richiede, da un lato, il monitoraggio continuo delle condizioni e stato di salute degli ecosistemi, dall’altro, la definizione di azioni attraverso progetti di gestione che tendano ad intervenire là dove necessario o per fermare azioni di disturbo da parte dell’uomo o per controllare fattori ambientali che sono in disequilibrio.
Ma tutto questo è di scarso o nullo effetto se non supportato da una conoscenza e consapevolezza da parte degli abitanti dei Comuni del Parco e dei visitatori, ed una loro in qualche modo partecipazione e condivisione.
Vegetazione e Flora
L’Isolamento orografico, la fertilità del suolo, la topografia varia ed articolata, l’austerità delle cime e il secolare rapporto fra uomo e territorio fanno del Taburno-Camposauro un’area ricchissima dal punto di vista vegetazionale e floristico. Del resto la coesistenza di diverse fasce climatiche comporta la formazione di una elevata biodiversità floristica. Le condizioni mediterranee si incontrano con quelle più appenniniche e continentali, secondo gradienti climatici che seguono quelli altitudinali.
Ciò genera diversi orizzonti vegetazionali che si sostituiscono l’uno all’altro ma anche ambienti di passaggio climatico estremamente interessanti. La varietà di ambiente, la ricchezza della vegetazione sono importanti anche perché assicurano l’esistenza di un comparto faunistico altrettanto consistente.
Il bosco di Roverella
Alla base del massiccio, soprattutto lungo i versanti esposti a est, ovest e sud, sia sui suoli di arenaria delle aree pianeggianti sia su quelli detritici delle conoidi, sono presenti formazioni arboree di Roverella (Quercus Pubescens) a testimonianza di una maggiore diffusione di queste specie prima dell’intervento umano che ha diradato notevolmente il bosco sostituendolo con coltivi, in particolare frutteti e uliveti. Esemplari arborei di una certa dimensione si conservano tra i campi. Nei versanti più meridionali, il paesaggio tipico è quello degli uliveti frammisti a boschetti di Roverella od ospitanti al loro interno vecchi esemplari di questa quercia. I frammenti di boscaglia dominati dalla Roverella sono costituti anche da Orniello (Fraxinus ornus), Sorbo domestico (Sorbus domestica), Carpinella o Carpino nero (Ostrya carpinifolia), Acero campestre (Acer campestre) e Carpino Comune (Carpinus betulus). Spesso affiorano tratti rocciosi particolarmente secchi, un tempo coltivati o tenuti a pascolo e oggi ospitanti una vegetazione xerica con elementi mediterranei formata da Asparago selvatico (Asparagus acutifolius), cisti (Cistus salvifolius) e Terebinto (Pistacia terebintus). In queste condizioni può associarsi anche il Leccio (Q.ilex) che risulta presente in quantità abbastanza rilevanti nel territorio del parco. Nella boscaglia possono essere presenti anche il Pungitopo (Ruscus aculeatus), il Ligustro (Ligustrum vulgare), il Ciclamino primaverile (Cyclamen repandum) e il Ciclamino autunnale (Cyclamen hederifolium). Di recente l’abbandono dei coltivi e dei pascoli sta favorendo l’insediamento di una vegetazione eterogenea formata da erbacee (per lo più graminacee), arbusti prevalentemente mediterranei e boscaglia costituita, oltre che Roverelle, anche da Carpinella, Carpino comune e Biancospino (Crataegus monogyna). In alcune località, l’uomo è intervenuto con opere di rimboschimento di Pino D’Aleppo (Pinus halepensis) e Robinia (Robinia pseudoacacia).
Il bosco misto mesofilo
A partire dai solchi erosivi lungo la fascia detritica dei versanti più caldi in cui si conservano migliori condizioni edafiche e di umidità fino ad arrivare ai 750-800 metri, si sviluppa una vegetazione meno xerofila dei querceti di Roverella. E’ una vegetazione costituita dai boschi cedui di Orniello, Carpinella, Roverella, Nocciolo (Corylus avellana), aceri (Acer Campestre, A. monspessulanum, A. neapolitanum). Alle quote più elevate, a contatto con il Faggio, il bosco è caratterizzato soprattutto da Acer neapolitanum e Carpinella. Intorno ai 600 metri compaiono anche gli alberi di Cerro (Q. cerris): si tratta di residui di boschi tagliati dall’uomo, con rare piante vetuste. Il Castagno (Castanea sativa) è abbastanza diffuso soprattutto nei versanti est e nord del Taburno e del Camposauro. Sul versante settentrionale del Monte Pentine si rinviene un’interessante formazione boschiva costituita prevalentemente da Castagno, aceri, Nocciolo, (Corylus avellana), Ornello e Biancospino.
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La Faggeta
A partire dai 750 metri sul livello del mare nel Parco inizia la faggeta. Si possono distinguere due forme, sebbene entrambe rientrino nell’associazione vegetale denominata Aquifolio-fagetum, un’associazione cosiddetta della “zona inferiore del faggio”, e dovuta alle basse quote in cui si sviluppa la foresta.
Una prima forma la troviamo nelle zone più calde ed esposte ed è costituita da lembi di bosco cedui in cui, in alcuni tratti, compaiono anche specie provenienti dai vicini pascoli. E’ questa la faggeta floristicamente più ricca. La seconda, che prevale nelle zone più fresche e umide, è formata da fustaie con esemplari alti e spettacolari. Al Faggio si associa localmente l’Agrifoglio (llex aquifolium) presente anche sotto forma arborea (fino a 10-12 metri di altezza). La componente arbustiva è formata dalla Dafne laureola (Daphne laureola), la Coronilla (Coronilla emerus), il Biancospino e la Ginestra dei carbonai (Cytisus scoparius), quest’ultima proveniente dalle zone più xerofile sottostanti. Particolarmente ben conservata la faggeta presente all’interno della foresta demaniale del Taburno: 238 ettari della foresta sono costituiti dal bosco di Faggio con piante di età compresa tra i 30 e i 90 anni, ma con un ricchissimo novellame. In questa zona del Parco, il Faggio è infatti particolarmente rigoglioso e vitale e tuttora in espansione anche a spese dell’abetina. Il sottobosco è particolarmente ricco ed è costituito prevalentemente da Rosa canina (Rosa canina), Allium ursinum, Anemone apennina, Ranunculus lanuginosus, R. ficaria, Campanula trachelium, Geranium versicolor, G.robertianum, Mercurialis perennis, Viola reichembachiana, Neottia nidus avis, Cephalanthera rubra, Saxifraga rotundifolia, Galium odoratum, Scilla bifolia, Cardamine bulbifera, C. enneaphyllos, C. heptaphylla, Ruscus hipoglossum, Hedera helix, Adoxa moschatellina, Sanicula europea. All’interno della faggeta sono presenti nuclei di Acero della Cappadoccia (Acer cappadocicum subsp.Lobelli) che nella forma dell’Acero di Lobelius rappresenta un interessante e raro sub-endemismo, Acero di monte (A. pseudoplatanus), Acero napoletano, Carpino nero o Carpinella, Sorbo degli uccellatori (Sorbus aucuparia) e Sorbo montano (S. aria) nelle zone più elevate.
L’abetina
L’Abete bianco (Albies alba) è stato introdotto nel 1838. Attualmente l’abetina si estende per 16-18 ettari ed è formata da alberi di 50-70 anni, sebbene esistano anche esemplari che superano il secolo di vita. I nuclei più importanti sono compresi tra i 1000 e i 1400 metri di slm. Spesso gli Abeti bianchi si presentano associati al Faggio di cui soffrono la maggiore capacità riproduttiva e velocità di crescita, sebbene gli esemplari migliori e la migliore capacità rigenerativa di osservano all’ombra dei Faggi. Addirittura non si osserva rigenerazione nelle abetine pure. Molti esemplari soffrono l’attacco dei parassiti, in particolare del fungo Heterobasidium annosum. Negli anni sono state piantate anche altre conifere, spesso alloctone (Abete rosso, Pino silvestre, Larice, Cipresso, dell’Arizona, ecc…).
I prati di pascoli di quota
L’assenza di quote elevate rende forse impropria la definizione di pascoli di alta quota, almeno del tipo che si incontrano sui Monti del Matese, dei Picentini e del Cilento. Ciononostante anche sul massiccio del Taburno- Camposauro, a quote in genere superiori a 1000 metri, si incontrano distese prative di origine carsica o tettonica utilizzate come pascolo, talvolta si tratta di radure che interrompono il bosco di Faggio. Si tratta prevalentemente di pascoli termoxerofili che rientrano nelle associazioni dello Xerobromion.
Non mancano anche i prati umidi in corrispondenza delle depressioni e delle conche in cui si raccolgono le acque. Per quanto riguarda gli elementi floristici si possono citare: Holcus lanatus, Achillea millefolium, Poa trivialis, P. pratensis, Viola aethnensis subsp. Splendida, Armeria macropoda, Dianthus vulturius, Verbascum thapsus. Quest’ultimo è facilmente riconoscibile per le foglie basali molto grandi e un lunghissimo fusto coperto da fiorellini gialli; lo si trova dai 700-800 metri in su e nei prati dei pianori.
Nelle radure sub-montane, soprattutto se particolarmente assolate e aride, si rinvengono popolamenti di Galega officinalis e Felce aquilina (Pteridium aquilinum), mentre sugli affioramenti rocciosi intorno agli 800 mentri di quota si rinvengono: Bromus erectus, Festuca sp., Brachypodium pinnatum, Satureja montana, Hippocrepis comosa, Teucrium montanum, Eringio ametistino (Eryngium amethystinum), Sempervivum tectorum, Digitalis micranhta, Centaurea deusta, Edraianthus graminfolia. Da segnalare in questo ambiente anche le presenze naturalisticamente importanti delle rare Saxifraga e porophylla e S. ampullacea.
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Le specie rare e quelle endemiche
Nel territorio del parco sono state censite circa 50 specie di orchidee. All’interno della faggeta troviamo: Neottia nidus avus, Cephalanthera rubra e Epipactis elleborine. In altri ambienti e nei diversi periodi dell’anno sono presenti tra le altre, diverse specie del genere: Orchis ( Orchis purpurea, Orchis provincialis, O. italica, O. papilionacea, O. maculata subsb, Saccifera (conosciuta anche come Dactylorhiza maculata) O.morio, O. coriophora, O. tridentata, O.mascula, ecc) del genere Ophrys (Ophrys, apifera, O.fuciflora, O.bombyliflora, O.tendredinifera, O. sphecodes, ecc) del genere Serapias ( Serapias lingua, S. vomeracea, S. cordigera, ecc); e poi, anche Himanthoglossum hircinum, Dacthylorhiza sambucina, Anacamptis pyramidalis, Aceras anthropophorum, Gymnadenia conopsea, Platanthera chlorantha, Platanthera bifolia, Limodorum abortivum, Spiranthes spiralis, Cephalanthera longifolia, Cephalanthera damasonium.
Da segnalare, quale zona ricca di orchidee, quella compresa tra Cautano e la strada che da Piana di Prata conduce a Camposauro. Ricco anche il popolamento di Felci: nel territorio del Parco troviamo la Felce femmina (Athyrium filix-foemina), la Felce maschio (Dryopteris filix-mas), la Felce aculeata (Polystichum aculeatum) rinvenibile nei luoghi umidi all’interno della faggeta, la Lingua cervina (Phillitis scolopendrium) presente nei luoghi più umidi, nelle forre e nei canaloni, la Felce aquilina (Pteridium aquilinum) presente dal piano fino ai prati d’altura e preferisce zone assolate, l’Asplenio tricomane (Asplenium trichomane) lungo i costoni rocciosi e le pareti, l’Asplenio adianto (A. adiantum-nigrum) anche questa felce è presente un po’ ovunque dal piano fino in quota, la Cedracca (Ceterach officinarum) con una distribuzione simile alla precedente, la Felcetta fragile (Cystoptersi fragilis), il Polipodio comune ( Polypodium vulgare) presenti un pò ovunque e in ambienti diversi. Di notevole interesse la presenza dell’Acero di Cappadocia con la sua sottospecie sub-endemica dell’Acero di Lobelius, un albero raro che si rinviene nelle formazioni boschive meglio conservate dell’Appennino. Molto interessante è anche la presenza dell’abetina di Abete bianco, la più estesa e meglio conservata della Campania. La conservazione delle residue abetine appenniniche, sebbene spesso di origine artificiale, è considerata una priorità in ambito comunitario. Si tenga presente, infatti, che l’habitat “Faggeti degli Appennini con Abies alba” è considerato di interesse comunitario ed è incluso nell’allegato I della Direttiva Habitat (Direttiva 92/43).
Da menzionare la presenza di una piccola stazione relittuale di Betulla (Betulla pendula) presente nella zona del Camposauro, versante ovest.
Tra gli endemismi dell’Appennino meridionale e campano si possono annoverare: la Sassifraga del Gran Sasso (Saxifraga ampullacea), la Sassifraga porosa (S. porophilla) e la Sassifraga alpina (S. paniculata), la Campanula graminifolia (Edraianthus graminifolius), la Campanula napoletana (Campanula fragilis subsp. Fragilis), il Fiordaliso cicalino (Centaurea deusta subsp. Deusta), il Garofano selvatico (Dianthus vulturius), la viola dell’Etna (Viola aethnensis subsp. Splendida), la Radicchiella laziale (Crepis lacera) e lo Spillone del Cilento (Armeria macropoda).
Le eccellenze vegetazionali
Il Parco Regionale Taburno Camposauro annovera diversi habitat contemplati nella Direttiva 92/43/CEE per la regione mediterranea, alcuni anche prioritari. Questi habitat sono molto importanti perché riguardano associazioni vegetazionali la cui distribuzione è in declino a causa della pressione che l’uomo esercita su questi ambienti. Si tratta sia di ambienti boschivi sia di praterie di quota, sia dei delicati sistemi ecologici rocciosi. L’azione antropica ha modificato questi ambienti irrimediabilmente in molte aree, gestendoli col taglio, il fuoco o compromettendone il delicato equilibrio eco-sistemico con inquinanti e sfruttamento indiscriminato del territorio; a questo si aggiunga la realizzazione di edifici, strade, antenne, acquedotti, etc.