La Festa dell’Uva a Solopaca è da sempre, fin dalla prima edizione del 1977, uno spettacolo unico e suggestivo. Si tratta, ormai, di una tradizione consolidata, con la tipica sfilata, per le strade del paese, di 11 carri artistici realizzati con chicchi d’uva magistralmente incollati.
Ogni anno, nella seconda domenica di settembre, la Festa dell’Uva di Solopaca richiama, nella cittadina e in tutta la Valle Telesina, decine di migliaia di turisti provenienti anche da altre regioni. La sfilata dei carri è preceduta dalle autorità con i gonfaloni dei comuni confinanti, seguiti dal corteo storico accompagnato da sbandieratori e musicanti.
Lungo il percorso sono allestiti i banchi gastronomici, per gustare i piatti della cucina contadina: “cavati” (gnocchi di farina), salsicce alla brace, peperoni imbottiti, “struscioli” (una specie di bignè rustuci) e poi tanta uva e vino Solopaca.
Le origini della Festa
Le origini storiche sono molto incerte, certamente, però, affondano le radici nelle antichissime tradizioni legate ai culti mediterranei. Dal culto di Iside, alle grandi feste dionisiache, la coltivazione della vite e la trasformazione dell’uva in vino hanno sempre rappresentato il mistero della “metamorfosi, della trasformazione che origina la vita e la rigenera dopo la morte. Nella civiltà contadina, specialmente dopo la diffusione del Cristianesimo, sono frequentissimi i riti propiziatori e di ringraziamento per il buon raccolto tra i quali va ricercata l’origine della festa dell’uva di Solopaca che anticamente si svolgeva in occasione delle celebrazioni religiose in onore della Madonna Addolorata.
La Sfilata
La festa dell’uva di Solopaca vuol essere una rievocazione dell’antica tradizione di offerta dei prodotti della terra alla divinità. Non a caso essa cade in prossimità della festa della Madonna Addolorata, a cui era dedicata l’antica “Sagra”. Oggi, grazie ai contributi della Proloco, è stata arricchita di un ampio corteo storico che rievoca il periodo ducale, al tempo dei Ceva-Grimaldi (1609-1764).
Si è voluto, infatti, rappresentare uno “spaccato” storico-sociale di una tradizione: l’offerta votiva di carri fatti d’uva a cui si è aggiunto un messaggio pubblicitario del prodotto: il vino D.O.C.
L’edizione 2000 è stata quella più completa: alla festa della sfilata, la statua dell’Addolorata, interamente rivestita di grappoli d’uva nera, (secondo la tradizione più antica) accompagnata dai rappresentati della “Confraternita dei sette dolori”. A seguire il corteo dei POPOLANI raffiguranti storici della famiglia ducale con relativo accompagnamento di paggi, dame e cavalieri. Infine i CARRI allestiti dalle botteghe dei “Maestri carraioli” ispirati a fatti di attualità o ad elementi significativi atti, comunque, a reclamizzare il SOLOPACA D.O.C.. Il corteo è sempre arricchito dalla partecipazione di gruppi folkloristici, sbandieratori, rappresentanti delle “città del Vino”, gonfaloni dei comuni vicini e dalle autorità.
Nei Nostri piccoli centri di provincia non si ha una vera e propria coscienza storica, prevale la visione “mitica” e le tradizioni si tramandano senza una rigorosa cronologia. Nel passato tutto è appiattito e la memoria temporale si riduce a due dimensioni; un “apprima” (non ben determinato) e un “mò” (da mox=ora,adesso). E’ difficile dunque ricostruire su basi “scientifiche” anche gli avvenimenti dei secoli più recenti, soprattutto se non si dispone di numerose fonti e di molto tempo da dedicare alle ricerche. Noi ci abbiamo provato sulla base di alcuni documenti risalenti al 1600 e al 1700, che i ragazzi del locale Liceo Classico hanno trovato e su quanto riportato da alcuni cultori della storia locale.
Abbiamo cercato di ricostruire , a grandi linee, la successione dei duchi della famigia dei Ceva-Grimaldi, dal capostipite Cristoforo che acquistò nel 1574 il Feudo di Telese con la terra di Solopaca, fino all’ultimo discendente morto nel 1764.
I Carri
carri d’uva di Solopaca sono un mirabile esempio di come un elemento naturale, l’uva, nelle abili mani di artisti artigiani diventi linguaggio, poesia, creatività cultura.
L’uva è la vera protagonista, i suoi chicchi vengono pazientemente incollati uno ad uno dopo un’accurata selezione per grandezza e sfumatura di colore per realizzare l’effetto policromo. Un tempo i carri venivano ornati con grappoli interi e dalla loro alternanza ( bianchi e neri) si ricavava un effetto di chiaro-scuro. Il loro significato era votivo ed economico: l’uva venduta, il ricavato devoluto per la festa religiosa in onore dell’Addolorata la cui statua interamente ricoperta di grappoli apriva la sfilata. Il significato di rito propiziatorio è evidente e si riconnette agli antichissimi culti mediterranei rivissuti alla luce della spiritualità cristiana. Oggi il significato è più laico ma non meno culturale. Il fine è quello di valorizzare il vino che in quanto derivato dall’uva è un prodotto naturale, ma in quanto frutto del lavoro umano è un tipico prodotto culturale.
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